E’ ormai da diverso che si sente parlare di Digital Clothing, associato a termini come Digital Fashion, e-fashion, metafashion e chi più ne ha più ne metta.
In realtà sono tutti termini vicini ad un unico concetto: quello di portare la moda, e quindi l’abbigliamento, in un ambito digitale attraverso l’utilizzo di modelli 3D che ne rappresentano perfettamente lo stile, la manifattura, il materiale e l’indossato.
E’ un concetto non prettamente nuovo in quanto già da anni lo sviluppo di modelli 3D passa attraverso simulazioni digitali (ad esempio usando software tipo Clo3D o Marvelous Designer). Ma è con l’avvento del tanto decantato Metaverso che questo trend sembra essere tornato alla ribalta più che mai.
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DressX oltre il fast fashion
Una recente ricerca afferma che “Una donna su tre ritiene un capo di abbigliamento ‘vecchio’ dopo averlo indossato una o due volte”. Indubbiamente questo apre a diversi scenari tra i quali la rivendita associato al riuso (qualcuno ha detto Vinted?) oppure l’enorme spreco, di denaro e materie, che la produzione di tale abbigliamento genera. Per questo motivo la startup DressX (creata da, guardacaso, due ragazze) è salita alla ribalta perchè propone la vendita di abiti digitali per le proprie fotografie social (soprattutto rivolte a influencers e VIPs). Attraverso il loro store digitale è quindi possibile acquistare il proprio abito digitale e, inviando una fotografia di se con specifiche caratteristiche, ottenere la stessa fotografia con l’abito indossato. In questo modo è possibile proporre il costo dell’abito ad un prezzo molto più basso della controparte cucita in favore di meno scarti derivanti da acquisti compulsivi.
Qui un esempio di cappello che si può trovare a 25 dollari su DressX con un esempio di indossato.
Di seguito invece un divertente, ma esplicativo, video di una ragazza che ha acquistato 2000 dollari di abiti digitali alcuni dei quali, è doveroso dirlo, dal dubbio risultato.
Videogames e abbigliamento di lusso
Indubbiamente il mondo dei videogiochi può essere un trampolino di lancio per il fashion e questo, i grandi marchi, non se lo stanno facendo scappare. Un esempio è una sfilata di abiti digitali per gli avatar di Animal Crossing presentata da Loewe e Prada; oppure le skin di Louis Vuitton presentate nel settembre 2019 per League Of Legends e il più recente caso di Balenciaga in Fortnite. Chiaramente quello che si vuole ottenere è la presenza del brand in un “luogo digitale” dove i propri acquirenti si trovano a loro agio (seppur sparando, costruendo isole o combattendo) proponendo versioni dei propri abiti adattate agli avatar 3D e all’ambiente che l’uno o l’altro videogioco propongono.
Abiti digitali nel Metaverso
Il più recente concetto di Metaverso include molti aspetti riguardanti i videogiochi unitamente a quelli del business e della moda. Si pensi ad esempio alla personalizzazione di un avatar 3D rispetto alle proprie fattezze con la possibilità di personalizzare capi firmati e quindi indossarli durante una riunione in Slask, Skype, Microsoft teams o Google Meet. E’ chiaro che questo si porta dietro altri concetti come quello di NFT (Non-Fungible Token) unito a quello di scarsità (o di unicità, se volete vederla in positivo).
Il Metaverso è ancora lontano da venire e, ad oggi, è necessario parlare di molti metaversi specifici in quanto le grandi compagnie (Meta, Microsoft, Amazon, etc) stanno sviluppando “il loro” Metaverso utilizzando tecnologie già presenti sul mercato. L’obiettivo potrebbe essere quello di arrivare ad uno standard (sia di piattaforma, sia di formati) che permetta ai creatori di contenuti di lasciar correre la propria fantasia invece di rincorrere gli aspetti tecnici. Sono proprio questi, i creatori di contenuti, la leva che serve ai metaversi per crescere ed è dunque auspicabile che vengano messi nelle condizioni corrette e semplici di lavorare.
Conclusioni
Il concetto di Digital Clothing abbraccia diversi contesti (social networks, videogiochi, metaversi, etc) e può essere approcciato in diversi modi (fotografie editate, modellazione 3D, simulazione 3D, stampa 3D, etc). Quello che è certo è che i brand, soprattutto quelli luxury, si stanno affacciando in modo prepotente a questo nuovo modo di fare moda. Sia per arrivare a nuovi potenziali clienti, sia per espandere il loro catalogo in territori non prettamente fashion.
Difficile dire se il più generico concetto di Digital Fashion è qui per restare in quanto il contesto attuale pone diversi limiti ma anche diversi dubbi sul reale potenziale di questo approccio (non sulla tecnologia 3D, pressoché consolidata). Quel che è certo è che assisteremo ad una “invasione” da parte dei brand in ambiti fino a ieri preclusi in attesa di ritrovarci, tra qualche anno, con un casco in testa e all’interno di una stanza virtuale per presenziare al nostro prossimo colloquio vestiti con un abito di Dolce&Gabbana condividendone poi il successo sul nostro account social preferito.